Rapine, incidenti, feriti,
defunti e sparatorie: no, non si tratta dell’ultimo film d’azione di Scorsese
ma di casi di cronaca nera con cui spesso mi sono trovata ad avere a che fare
nella mia non semplice vita da freelance. Sì entra così in contatto con
simpatici soggetti del mondo della nera come poliziotti, carabinieri, volontari
del primo soccorso, quella brulicante umanità che proprio come me si trova a
condividere la medesima sventurata situazione. Questi cordiali informatori con
cui ci si deve relazionare, non sempre sono disponibili a concederci le
informazioni necessarie per scrivere il pezzo. Vuoi perché sono troppo
impegnati nel loro lavoro, vuoi perché non hanno tempo per giornalisti
ficcanaso alla ricerca di scoop sensazionali e così può succedere, ahimè, che
passino diverse ore prima che l’informazione venga reperita. Ed ecco che scatta
il meccanismo della patata bollente: “La mi scusi, sa dirmi se i feriti eran
gravi e in quale ospedale sono stati ubicati?”. “Non vede che sto lavorando?
Chieda al mio collega” mi risponde cordialmente l’uomo in divisa mentre traccia
col gesso in terra la traiettoria dell’incidente stradale. Passo così al
secondo agente: “La mi scusi, il suo collega mi ha gentilmente consigliato
di rivolgermi a lei per..” “No, guardi, non so niente, deve chiedere in
centrale”. Infine mi vien detto: ““Deve parlare col maresciallo tal dei tali,
noi non possiamo diffondere questo tipo di informazione”, personaggio il più
delle volte introvabile perché impegnato altrove lasciando il posto al
collega che dell’incidente a noi caro non ne ha la più pallida idea. Di solito i più informati sono i testimoni
oculari, in particolare le balde vecchiette di paese, riconoscibili dal
classico abbigliamento che le contraddistingue: pantofole abbinate a calzettone
di lana a prescindere dalla stagione o dalla temperatura, scialle, bastone e
accento tipico della zona. Sanno tutto sull’accaduto anche se sul luogo del
fatto non ci sono mai state e sono pronte a sviscerarti ogni minimo dettaglio,
anche i più personali sui soggetti coinvolti o vittime dell’incidente che
stiamo seguendo: “Si, la povera signora Sparavecchi si recava sempre a fare la
spesa al negozio qui all’angolo, andava a messa tutte le domeniche e dal
parrucchiere due volte al mese per la messa in piega”, cioè conoscono anche i
dettagli più personali, sono più informate della Cia e dell’Fbi quando si
tratta di reperire informazioni per il nostro articolo, salvo iniziare il
racconto dai loro attacchi reumatici, fino a che fanno il minestrone, passando
per i figli che non telefonano mai abbastanza. Quando poi capita di dover
raccogliere notizie sul rapinatore o
assassino coinvolto nella vicenda, le tre informazioni standard che le vecchie
di paese sono in grado di fornire, utilissime per ogni articolo di nera che si
rispetti sono: “Era una brava persona, sembrava cordale, non aveva mai fatto
male a una mosca”. Nei casi in cui infine ci scappi il morto le cose si
complicano: sappiamo che la nostra giornata sarà lunga e interminabile.
L’aspetto diciamo meno carino di questo lavoro è dover sentire i parenti della
vittima che essendo straziati dal dolore comprensibilmente non ne vogliono proprio sapere di
rispondere alle domande dei giornalisti in un momento così doloroso. Tocca
quindi andare dai parenti meno prossimi del poveretto a reperire informazioni
sulla sua vita da vivo. “ Era bella persona era, faceva tanta beneficenza ed
era caro e amato da tutti, amici, parenti, colleghi”, cinguetta la vecchia che
lo conosceva bene. Insomma, nel caso dei defunti, dopo aver fatto il giro di
parenti, amici, negozianti della zona, possiamo considerarci pronti per
scrivere il nostro pezzo. “Un vero padre e lavoratore modello se ne è andato in
cielo lasciando un vuoto incolmabile su questa terra, pace all’anima sua”, ed ecco che il pezzo è pronto
per andare in stampa e venire pubblicato. Mi è capitato, a volte, durante il
mio girovagare, di non essere così fortunata e di venire malamente cacciata in
più di un’occasione. Entro nella camera mortuaria e appunto: “L’odore delle
calle inonda la stanza, il mobilio è nuovo, in legno d’ebano, stile molto
ricercato”, ma ecco che mille occhi puntati su di me mi impongono di levare lo
sguardo dal foglio: “Lei è un parente del morto?” “Veramente mi stavo chiedendo
se questo fosse legno d’ebano, oppure, sa, i giornali vogliono tutti i
particolari, sapesse..” “Lei non ha alcun rispetto, se ne vada, fuori di
qui!”ed ecco che mi tocca andarmene a gambe levate dalle camera ardente senza
essere riuscita a combinare un bel niente. Il segreto è forse quello di rendere
tutto meno doloroso chiedendo semplicemente: “Vorremmo avere un bel ricordo del
suo caro, a noi non serve riempire la pagina negli spazi in cui non vi è già la
pubblicità, ma vorremmo veramente che del suo defunto signor Ferricaldi resti
un ricordo indelebile”. Succede assai spesso
che la vita del defunto si accorci o si allunghi in base alle esigenze
del redattore: “Aggiungi colore, taglia la parte dei figli” e così via. Eccomi
quindi ad accorciare parti strappalacrime o ad allungare vite noiose di uomini
senza qualità che neanche Musil saprebbe più cosa inventarsi. I morti per i
media finiscono così col diventare democraticamente uguali gli uni agli altri,
quegli stessi morti di cui l’informazione si nutre per ricordarli e onorarli si
dice, perché sulla pagina bianca la cronaca del morto vale più del morto del
morto stesso e finisce col diventare solo una questione di spazi tipografici.
venerdì 6 gennaio 2017
Quando tutto ebbe inizio
Quando ho cominciato a lavorare
per i giornali locali non mi avevano spiegato che essere una freelance può
talvolta limitarsi alla parola free (gratis) in inglese. Quando guadagno più
di 20 euro al pezzo mi posso considerare fortunata, ma non mancano i pezzi a
meno di 10 euro, senza contare le uscite, quelle che faccio prima che i
redattori si accorgano che la presunta notizia era solo una bufala e mi pagano
3 euro lordi per il disturbo. Così, dopo essere andata a Ponte Vattelapesca faccio
dietrofront tornando alla mia dolce casina ad aspettare di avere più fortuna
con il prossimo servizio (e sperando di non prendere nuovamente un granchio).
Queste sono le situazioni che spesso mi trovo ad affrontare facendo la
free-lance. Non che io me la sia cercata, è cominciato tutto per caso, quando
ho cominciato a collaborare con i primi giornali della zona. Il primo, se non
erro, era un mensile sugli stili di vita green, sull’ecologia, il risparmio
energetico, e chi più ne ha più ne metta. Quando qualcuno pensa a questo
mestiere rievoca situazioni avventurose e scoop sensazionali. Bé, niente di
tutto questo in realtà succede: il più delle volte bisogna correre da un punto
all’altro della città o anche fuori per reperire le notizie, serve poi il tempo
per scriverle e inviarle in redazione. Se tutto va bene nel giro di poche ore
avrò confezionato la mia strepitosa notizia. Ho provato parecchie volte a
cambiare mestiere pur rimanendo nel ramo della comunicazione o dei beni
culturali, come quella volta che ho contattato un’agenzia di eventi, salvo poi
rinunciare a malincuore all’allettante proposta di uno stage full time non
retribuito con un’ora di pausa, senza buoni pasti e senza parcheggio gratuito.
Mi sono quindi buttata sui beni culturali: a circa 40 minuti da Bergamo un
museo gestito da volontari sembrava proprio l’occasione per fare un po' di
esperienza, ma purtroppo neanche qui c’era la possibilità di retribuzione, si
trattava di volontariato. Ecco, tutte le volte che cerco lavoro mi propongono
questa storia del volontariato, come alla Caritas o all’oratorio. Bé, se avessi
voluto fare la volontaria mi sarei probabilmente rivolta a questi enti e non a
delle aziende e così ho deciso di continuare con le mie collaborazioni nella
speranza di accumularne tante da poter vivere con la Partita Iva. Eh si, mi è
toccata aprirla la partita Iva e da quel giorno non me ne sono più liberata.
Come lavoratrice autonoma sono imprenditrice di me stessa, i contributi si,
quelli me li devo pagare da me e se decido di andare in vacanza o se mi ammalo
mi tocca lavorare di più dopo per far quadrare i bilanci. Ma di questi tempi ci
si deve adattare, si sa, i periodi migliori arriveranno…
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